Faryar Shirzad, Chief Policy Officer di Coinbase, sfida la convinzione dell’industria bancaria statunitense secondo cui le stablecoin mettono a rischio il sistema finanziario. Suggerisce che questa nozione non sia altro che un mito, inventato dalle banche per salvaguardare i loro ricavi.
Il mito delle stablecoin smontato
In un recente post sul blog, Shirzad ha confutato l’idea che le stablecoin porteranno a un’enorme fuoriuscita di depositi bancari. Come ha sottolineato, analisi recenti hanno dimostrato che l’aumento dell’uso delle stablecoin non ha avuto un impatto negativo sui numeri dei depositi presso le banche di comunità. Non ci sono prove che indichino che le banche più grandi incontrerebbero uno scenario diverso.
In effetti, molte di queste banche più grandi continuano a detenere trilioni di dollari presso la Federal Reserve. Se i depositi bancari fossero davvero a rischio, sostiene Shirzad, queste banche sarebbero più competitive, cercando di ottenere i fondi dei clienti offrendo tassi di interesse più alti piuttosto che lasciare il loro denaro presso la banca centrale.
La vera minaccia per le banche: il business dei pagamenti
Shirzad continua a sostenere che l’opposizione delle industrie bancarie alle stablecoin deriverebbe in realtà da preoccupazioni sul business dei pagamenti. Le stablecoin, che sono token digitali ancorati a un asset reale come il dollaro, offrono metodi più economici e veloci per trasferire denaro. Facendo così, minacciano un fatturato annuo stimato di 187 miliardi di dollari derivante dalle commissioni di transazione per le reti di carte tradizionali e le banche.
Paragona la resistenza attuale alle stablecoin all’opposizione precedente verso i bancomat e l’online banking. Come i loro predecessori, gli incumbenti stanno avvertendo di pericoli sistemici, ma in realtà, sono desiderosi di mantenere i loro margini di profitto esistenti.
Confutando le paure di fuoriuscita
Shirzad ha anche respinto le previsioni che suggerivano potenziali fuoriuscite di trilioni di depositi verso le stablecoin, il cui mercato totale è stimato attorno ai 290 miliardi di dollari. Sottolinea come le stablecoin siano utilizzate principalmente come strumenti per i pagamenti—per il trading di asset digitali o per inviare fondi all’estero—e non come prodotti di risparmio a lungo termine. Pertanto, un individuo che acquista stablecoin per regolare un pagamento con un fornitore estero sta optando per un metodo di transazione efficiente anziché con la propria banca, non ritirando denaro da un conto di risparmio.
Accogliere il cambiamento tecnologico
Shirzad incoraggia le banche ad accogliere questa evoluzione tecnologica piuttosto che resistervi. Argomenta che i percorsi delle stablecoin possono ridurre i tempi di regolamento, abbattere i costi delle banche corrispondenti e facilitare pagamenti continuativi. Pertanto, le istituzioni finanziarie disposte ad adattarsi possono trarre vantaggi da questo paradigma in evoluzione.
Preoccupazioni dal Regno Unito
Tuttavia, il Regno Unito non è immune alle preoccupazioni sui potenziali impatti delle stablecoin sulla sua industria finanziaria. I rapporti suggeriscono che la Bank of England stia considerando di impostare limiti su quante stablecoin sistemiche individui e aziende possano detenere, con soglie proposte pari a 10.000 sterline per gli individui e a circa 10 milioni di sterline per le aziende.
Le autorità classificano le stablecoin sistemiche come quelle già ampiamente utilizzate per i pagamenti nel Regno Unito o che si prevede diventino tali. Credono che questi limiti siano necessari per prevenire improvvise fuoriuscite di depositi che potrebbero potenzialmente indebolire il prestito e la stabilità finanziaria.